«La bellezza? Si dice che è nell'occhio, nell'occhio di chi guarda.»
«E
se non c'è più nessuno a guardare?»
Per cosa si vive? Cosa ti spinge in
avanti? Qual è il tuo sacro motore?
Se non c’è più nessuno a guardare, il lavoro
da fare sarà doppio. Far esistere prima l’Altro, il motore delle nostre azioni
e della nostra bellezza, aprire gli occhi del pubblico. Poi e solo poi, è
possibile la scena. E quanti personaggi bisogna interpretare, quanta bellezza
si deve produrre per tenere in vita il pubblico. Ma queste sono le regole del
gioco (del cinema o della vita?).
Alla fine, abbiamo addosso la stanchezza
del protagonista, della sua giornata lavorativa passata a recitare, emozionare,
combattere, essere questo e quello, bello e brutto, per poi scoprire di essere
niente o nessuno fuori dal campo visivo, fuori dalla scena che il suo sacro motore
crea. E la nostalgia di quando la telecamera era ben visibile, quando «le
macchine erano più pesanti di noi». Come a dire: ciò che mi fa vivere è il tuo
sguardo, e che sia ampio, che sia grande.
La
bellezza del gesto è tale per l’occhio che la guarda, ma la questione che si
pone qui non è più di natura estetica. Quando l’occhio è ristretto fino a
sembrare chiuso, quando la macchina da presa è diventata invisibile, «cos’è che
ti fa andare avanti?».
AS
Holy Motors, di Leos Carax, 2012
Nessun commento:
Posta un commento