LA VOCE DEL PADRONE
Plutarco racconta la
storia di un uomo che, spennando un usignolo e vedendo che c'è attaccata ben
poca carne, gli dice: «Sei fatto soltanto di voce – e nient'altro». Togliere le
penne del significato che coprono la voce, smontare il corpo da cui la voce sembra
emanare, resistere al fascino del canto delle Sirene e della loro voce,
concentrarsi sulla voce e nient'altro: ecco la difficile missione affrontata da
Mladen Dolar in questo lavoro seminale. La voce non ha rappresentato un
argomento di grande rilevanza filosofica fino agli anni Sessanta, quando
Derrida e Lacan l'hanno posta al centro delle proprie riflessioni. In La voce del Padrone Dolar va oltre Derrida e la sua teoria del
“fonocentrismo”, riprendendo e sviluppando la tesi di Lacan che considera la voce
come una delle principali incarnazioni dell'oggetto (objet petit a). Secondo Dolar, al di là delle due concezioni più comuni
della voce come veicolo di significato e come fonte di ammirazione estetica,
c'è un terzo livello di comprensione: la voce come oggetto, come leva del
pensiero. Egli studia l'oggetto voce su più piani – la linguistica della voce,
la metafisica della voce, l'etica della voce e la voce della coscienza, la
relazione paradossale tra voce e corpo, la politica della voce – ed esamina gli
usi della voce in Freud e Kafka. Con questa opera fondamentale Dolar elabora
una teoria filosofica della voce in quanto oggetto-causa lacaniano.
LOUIS WOLFSON. CRONACHE DA UN PIANETA INFERNALE
Louis Wolfson (1931),
scrittore schizofrenico. Tra i sintomi una radicale impossibilità di ascoltare
la lingua madre, l’inglese. Per questa ragione Gilles Deleuze, che scrive
l’Introduzione al suo primo romanzo, lo indica come inventore del walkman. Il piccolo
altoparlante di una radiolina che trasmette in francese collegato alla testina
di uno stetoscopio con del nastro adesivo. Wolfson escogita un modo pratico e
radicale per sfuggire all’assoggettamento del potere.Quale maggior potere della
lingua madre dominante, se si tratta poi dell’inglese. Wolfson apre un grande
dibattito tra gli intellettuali francesi. Cosa significa delirio, in
letteratura e nella vita quotidiana. È un caso letterario e un caso di
schizofrenia: una scissione culturale, a Parigi uno scrittore, a New York uno
schizofrenico. Questo volume contiene i contributi di studiosi che praticano i
testi di Wolfson da differenti punti di vista: letterario, cinematografico,
antropologico, filosofico e clinico. I romanzi dell’autore sono analizzati in
una prospettiva polifonica, dagli studi francesi degli anni Settanta e, più
recentemente, nordamericani.
LA SCUOLA DI LJUBLJANA
Žižek, Zupančič, Dolar. Materiali per la rivoluzione globale
La scuola di Lubiana è una corrente di pensiero nata e sviluppatasi
nella capitale slovena. L'autore più noto è sicuramente Slavoj Žižek. Il
lavoro che accomuna filosofi e psicoanalisti che compongono la Scuola
punta alla lettura e comprensione dei fenomeni sociali, culturali e
politici contemporanei alla luce della teoria psicoanalitica lacaniana, dell'idealismo tedesco e della filosofia marxista.
Oltre alla vasta opera di Žižek, in Italia abbiamo avuto la traduzione -
per Othothes, casa editrice diretta da Diego Giordano - di "Etica del
Reale. Kant, Lacan", di Alenka Zupančič, e del più recente "La voce del
Padrone. Una teoria della voce tra arte, politica e psicoanalisi", di
Mladen Dolar. Entrambi i lavori sono a cura di Luigi Francesco Clemente.
SCHITICCHIO
Questo laboratorio nasce dal progetto artistico "delcibo" di Yesenia Trobbiani. I partecipanti sono invitati a portare una porzione del loro cibo preferito da condividere. Qualsiasi cosa si possa mangiare e digerire fisicamente.
Una chiamata aperta a chiunque abbia voglia di condividere e/o ascoltare un racconto sul valore del cibo nella società. Un micro-racconto attraverso le arti visive e la condivisione di racconti.
"Delcibo" è un progetto che nasce da una ricerca artistica sul valore sociale del cibo, nel 2013. Già presentato in diverse date in Italia e per Frieze Art. Fair di Londra.
Un rituale tanto personale quanto collettivo. Cibo monocromatico (non colorato artificialmente) in un arcaico rituale: la condivisione.
Se mangiare è consumare, in "delcibo" è scambio e addizione.
FORMA ATTO RAPPRESENTAZIONE
Cosa può dire la psicoanalisi a proposito dell'arte contemporanea? L'imposizione del corpo, soprattutto nella corrente della body art, è di grande rilievo per un'indagine psicoanalitica di ciò che Lacan ha definito Reale. Il corpo, come veste simbolica dell'umano, e l'organismo, la nuda vita, la carne. Cosa racconta il corpo del performer? Si può ancora parlare di rappresentazione simbolica o dovremmo, piuttosto, guardare a gesti artistici meno comunicativi, dell'ordine del semplice atto?
ATTUALITA' DI LACAN
A trent'anni dalla sua morte (1981) Jacques Lacan è
più che mai tra noi. La sua attualità è però l'attualità
dell'intempestivo, l'attualità di quanto non cessa di accadere senza
trovare un luogo dove consistere né un
presente nel quale stabilizzarsi. Il suo pensiero continua a fare scarto
e a chiamare 'fuori'. Non c'è modo di essere rassicurati quando lo si
legge. Tutti i tentativi di normalizzarlo e di integrarlo all'interno di
una tradizione concettuale consolidata - dall'esistenzialismo allo
strutturalismo, dalla dialettica all'ermeneutica, dalla linguistica alla
teologia - naufragano quando si approda al territorio che Lacan ha
effettivamente scoperto e che ha assegnato alla psicoanalisi come suo
'campo': un territorio desertico da lui denominato Reale, nel quale
l'uomo non è più di casa. In questo libro filosofi e psicoanalisti si
interrogano sull'eccedenza di Lacan. Lo fanno al di fuori di confini
disciplinari dati, sperimentando nuove vie del pensiero e della pratica
analitica.
FOLLIA E CREAZIONE
Immaginiamo
che due persone possano parlare un giorno della schizofrenia in modo
libero, senza negare la sofferenza umana, senza entrare nella metafora
della schizofrenia come malattia devastante e incurabile, senza
sottovalutare il fastidio e lo spavento delle voci, dei deliri, delle
visioni, senza neppure sottovalutare i rischi di aggravamento presenti
nella cura della schizofrenia. Ascoltando, con coraggio e senza
pregiudizi, anche i punti di vista più lontani dagli odierni
accreditamenti scientifici (come l'opera di Deleuze e Guattari), senza
considerare gli ultimi studi sui neurotrasmettitori come il nuovo
vangelo della salute mentale. AL contrario, un po' per spirito critico,
un po' perché si tratta di due bastian contrari, questi due nostri
dialoganti si entusiasmano ancora sulle pagine dell'AntiEdipo e
considerano il DSM una raccolta di principi dormitivi. Due ossimori: un
Don Chisciotte supposto sapere e un'Ipazia visionaria. Qui si convien
lasciare ogni sospetto. Non parliamo di schizofrenia, dialoghiamo con la
schizofrenia come un terzo personaggio della scena, eprsonaggio che non
sta nella testa del Quijote e neppure in quellas di Ipazia, che emerge
dalla conversazione come una terzità, una conoscenza del terzo tipo.
(Barbetta e Tabacchi, Follia e creazione. Il caso clinico come esperienza letteraria, p. 59)
(Barbetta e Tabacchi, Follia e creazione. Il caso clinico come esperienza letteraria, p. 59)
C'ERA UNA VOLTA LA CITTA' DEI MATTI
Con
questo incontro, proponiamo una riflessione di fondamentale importanza per
tutti i saperi psi.
Direi
così: noi possiamo studiare metodi di cura, strumenti che tengano conto delle
soggettività, delle particolarità dell’umano; possiamo discutere dei mille
problemi delle scienze psi, cos’è terapeutico in una relazione d’aiuto e cosa
non lo è, cos’è la psicoanalisi o la fenomenologia, dove sta il soggetto, l’inconscio
esiste o non esiste. Possiamo fare tutto questo
solo a partire dal campo che ci è
stato preparato da qualcun altro. Intendo dire un campo di esistenza, che è
stato costituito grazie all’azione politica di alcuni nostri antecedenti e che,
oggi come ieri, è minacciato da una ideologia di potere e di mercato che punta
alla sola quantificazione della vita, del normale e del patologico, in termini
di costi e benefici. Buona parte del senso che possiamo darci oggi, cioè di
persone più o meno interessate allo studio e alla cura della malattia mentale,
ci proviene da una riflessione e da un’azione di cui siamo tutti figli e che
oggi ancora si impone alla nostra attenzione.
Nel
1961 Franco Basaglia è direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia.
Interrogato su quale linea terapeutica pensasse di utilizzare, afferma:
“Nessuna! Questo è il lager, e fintanto c’è il lager nessuna terapia è
possibile”.
Dunque
la libertà è terapeutica, come recita una frase che in quegli anni faceva da
bussola. Anche la follia vuole passeggiare in città, vuole uscire. A chi diamo
l’onore di sfondare il muro della paura, del rimosso, della segregazione? Un
cavallo di legno azzurro, che viene creato durante un laboratorio artistico e a
cui viene affidata una missione importante da parte dei malati: uscire. Uscire
dalla città dei matti per andare a visitare le altre città, quelle vicine e
quelle lontane.
Dire
che la libertà è terapeutica significa dare ascolto alle molteplici forme della
libertà. Il caso clinico è un’esperienza letteraria, dice Pietro Barbetta. Di
nuovo, allora, dobbiamo accordarci su un presupposto: se vogliamo occuparci
dell’umano e di ciò che affligge la vita, dobbiamo partire dalla sacrosanta
parola, dispositivo primo e più importante della cura. La poesia, la metafora,
il linguaggio in tutta la sua terapeuticità, è dissipazione delle angosce, cura
umana. Mi si dirà che tutto ciò è scontato, che per forza il tecnico incontra
il paziente e parlano. Ma qui è in gioco un livello ulteriore: dare valore e
diritto pieni alla parola della follia credo significhi non negare, non
smentire, non schiacciare la parola dell’altro in nome della banalissima e
ferocissima realtà.
Il delirio infatti, in questa
accezione, è la perdita dell’esame di realtà. Eppure sono decenni che ci vien
detto, da ambiti diversi, che il concetto di realtà è qualcosa di molto
fragile, da maneggiare con estrema cautela. “Non sei un personaggio storico”,
“Non esistono cavalli azzurri”, a cosa e a chi serve asserirlo? Dobbiamo
davvero passare tutta la vita a fare gli esami alla cattedra della realtà? E
soprattutto, chi c’è dall’altra parte della cattedra?
Ogni parola cerca una risposta.
Le buone pratiche – altra formula triestina – cominciano da qui, rispondere
alla parola. Prima di rispondere alla Scienza, prima ancora di rispondere al
Potere, dare una risposta al soggetto.
Se è vero, come dice Antonin
Artaud, che bisogna spezzare il linguaggio per toccare la vita, c’è ancora
molto da fare per spezzare il linguaggio psichiatrico, prescrittivo e
monolitico, e per sgretolare, o quanto meno indebolire, le certezze, queste sì,
deliranti di chi è diventato
psichiatra e psicologo.
AS
FOLLIA E SRAGIONE
L'associazione culturale Rizoma incontra
il prof. Mario Galzigna in occasione della recente pubblicazione del
suo libro "Rivolte del pensiero. Dopo Foucault, per riaprire il tempo".
Fra i temi del libro, ritroviamo il tentativo di leggere, di guardare, di intendere la follia al di là della confisca istituzionale. Un'esigenza, questa, avvertita già da Michel Foucault - che della psichiatria ha investigato la dimensione coercitiva, le dinamiche di potere insite nel sapere psichiatrico, la riduzione del mondo della sragione a cosa medica da diagnosticare - e che Galzigna riprende e ripropone oggi, con Foucault e dopo Foucault. Interrogando i saperi tecnici delle scienze psi, il filosofo punta ad individuare i buchi delle reti teoriche, i momenti cioè in cui le categorie non riescono ad afferrare i fenomeni. Momenti preziosi, occasioni per una riflessione epistemologica. Occorre ribadire il primato dell'empirico sul categoriale, ci dice Galzigna.
Una possibilità di occuparsi della follia, dell'esperienza della follia fuori dai regimi discorsivi e disciplinari che la inquadrano, sta nella letteratura, nel testo di Joyce, di Artaud, nel linguaggio schizofrenico, dove la parola si disarticola, si libera dalle catene del senso e viaggia in direzione non dell'altro ma del mondo, dell'universo. Proseguendo su questa linea, è possibile rintracciare in tali luoghi, non tanto e non solo l'evento che minaccia la ragione, la normalità, l'evento da esorcizzare per mezzo dell'atto medico, ma le rivolte del pensiero, la dimensione insorgente, spaesante, sovvertitrice del pensiero.
Cosa ci fa un filosofo nella casa dei pazzi? Rilanciamo oggi la questione che già Esquirol, protagonista della psichiatria francese ottocentesca, si poneva. L'associazione Rizoma nasce con l'intento di creare spazi che ospitino la molteplicità, spazi di ibridazione, di contaminazione dei saperi, fra i saperi, con le pratiche. L'incontro con Mario Galzigna, in questo senso, con il suo lavoro, che si incrocia col nostro desiderio, ci sembra un momento prezioso.
Fra i temi del libro, ritroviamo il tentativo di leggere, di guardare, di intendere la follia al di là della confisca istituzionale. Un'esigenza, questa, avvertita già da Michel Foucault - che della psichiatria ha investigato la dimensione coercitiva, le dinamiche di potere insite nel sapere psichiatrico, la riduzione del mondo della sragione a cosa medica da diagnosticare - e che Galzigna riprende e ripropone oggi, con Foucault e dopo Foucault. Interrogando i saperi tecnici delle scienze psi, il filosofo punta ad individuare i buchi delle reti teoriche, i momenti cioè in cui le categorie non riescono ad afferrare i fenomeni. Momenti preziosi, occasioni per una riflessione epistemologica. Occorre ribadire il primato dell'empirico sul categoriale, ci dice Galzigna.
Una possibilità di occuparsi della follia, dell'esperienza della follia fuori dai regimi discorsivi e disciplinari che la inquadrano, sta nella letteratura, nel testo di Joyce, di Artaud, nel linguaggio schizofrenico, dove la parola si disarticola, si libera dalle catene del senso e viaggia in direzione non dell'altro ma del mondo, dell'universo. Proseguendo su questa linea, è possibile rintracciare in tali luoghi, non tanto e non solo l'evento che minaccia la ragione, la normalità, l'evento da esorcizzare per mezzo dell'atto medico, ma le rivolte del pensiero, la dimensione insorgente, spaesante, sovvertitrice del pensiero.
Cosa ci fa un filosofo nella casa dei pazzi? Rilanciamo oggi la questione che già Esquirol, protagonista della psichiatria francese ottocentesca, si poneva. L'associazione Rizoma nasce con l'intento di creare spazi che ospitino la molteplicità, spazi di ibridazione, di contaminazione dei saperi, fra i saperi, con le pratiche. L'incontro con Mario Galzigna, in questo senso, con il suo lavoro, che si incrocia col nostro desiderio, ci sembra un momento prezioso.
AS
ORIZZONTI: QUALE SCUOLA DI PSICOTERAPIA?
“Studio
psicologia e dopo vorrei continuare a studiare per diventare
psicoterapeuta.”
Ma come scegliamo tra le centinaia di scuole presenti
sul territorio? Al di là della posizione geografica o di un incontro
particolare, come scegliamo la nostra scuola?
L’associazione culturale Rizoma invita tutti gli studenti di psicologia a partecipare a questo ciclo di presentazioni di alcune fra le principali scuole di psicoterapia italiane.
Mercoledì 27 febbraio, ore 15: Sandra Sassaroli, direttore di Studi Cognitivi, Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva.
L’associazione culturale Rizoma invita tutti gli studenti di psicologia a partecipare a questo ciclo di presentazioni di alcune fra le principali scuole di psicoterapia italiane.
Mercoledì 27 febbraio, ore 15: Sandra Sassaroli, direttore di Studi Cognitivi, Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva.
Mercoledì 6 marzo, ore 15: Francesco Mancini, direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale dell’Associazione di Psicologia Cognitiva di Roma (APC).
Mercoledì 13 marzo, ore 15: Franco Lolli, direttore dell’Istituto di Ricerca di Psicoanalisi Applicata (IRPA), sede di Grottammare.
Venerdì 15 marzo: Giovanni Stanghellini, direttore della Scuola di Psicoterapia e Fenomenologia Clinica di Firenze.
Mercoledì 20 marzo, ore 15: Mirca Da Ronch, direttore del Centro Studi di Terapia Familiare e Relazionale (CSTFR), sede di Urbino.
Martedì 26 marzo, ore 15: Furio Lambruschi, direttore della Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva (SBPC).
Mercoledì 10 aprile, ore 15: Fabio Vanni, presidente della Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione (SIPRE).
Venerdì 12 aprile, ore 15: Giorgio Tonelli, direttore della Scuola di Specializzazione del Centro Paul Lemoine (CPL).
Mercoledì 17 aprile, ore 15: Augusta Barbieri, didatta della Scuola di Psicoterapia Mara Selvini Palazzoli.
Venerdì 19 aprile, ore 16: Francesco Comelli, didatta dell’Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo (IIPG).
Lunedì 22 aprile, ore 15: Piero Coppo, fondatore della Scuola di specializzazione in psicoterapia SAGARA, a indirizzo psicodinamico e orientamento etnopsicoterapeutico.
Mercoledì 24 aprile, ore 15: Mario Vittorangeli, membro associato della Società Psicoanalitica Italiana (SPI).
LA QUESTIONE DELL'ANALISI LAICA, OVVERO DELLA PSICANALISI
Questo testo di Freud costituisce il suo più rilevante e autentico
tentativo di definire e proteggere uno spazio di autonomia per la
psicanalisi, la “giovane scienza” da lui fondata. La presente traduzione
cerca di riproporre in italiano la ricchezza metaforica, la vis
polemica, la profondità della prosa freudiana. A questo scopo propone
anche diverse note linguistiche che tentano di colmare l’inevitabile
scarto fra le due lingue e dare un fondamento alla sostanziale
innovazione interpretativa dei passaggi più complessi e di quelli
eticamente più sensibili. Il commento in nota cerca invece, fra l’altro,
di spiegare teoreticamente ed epistemologicamente il fallimento dello
sforzo freudiano di difendere la psicanalisi dalle pretese esclusive
della medicina; un fallimento ricondotto in una certa misura anche da
Freud stesso, nachträglich, all’incapacità di distinguere la psicanalisi dalla sua applicazione medica.
LA PAROLA D'ORDINE, DIVENTARE IMPERCETTIBILI. FARE RIZOMA E NON METTERE RADICI (G. Deleuze)
Rizoma è il nome di un'associazione studentesca e culturale creata da un piccolo gruppo di ex studenti della Carlo Bo di Urbino. Con
questo dispositivo ci proponiamo di portare un contributo, in termini
di eventi culturali, nell'ambiente universitario.
Abbiamo fondato Rizoma perché vogliamo diventare i creatori di quello
che ci piacerebbe vedere negli ambienti universitari: più spazio.
Spazio agli eventi culturali;
spazio alle scienze dell'uomo, all'antropologia, alla filosofia, alla
psicoanalisi, alla linguistica, alla letteratura, alla critica
letteraria, oltre che alla psicologia;
spazio ai seminari multidisciplinari;
spazio alla formazione e anche all'informazione (sui fatti e non dei fatti, direbbe Carmelo Bene);spazio all'arte in tutte le sue forme;
spazio alla riflessione e al pensiero critico, cos'è scienza? cosa non lo è?
spazio alla cultura, ai laboratori culturali.
Vogliamo utilizzare questo dispositivo per creare spazi culturali.
Crediamo che ci sia poca comunicazione fra il sapere interno all'università e quello esterno ad essa, seppur per motivi logici e naturali. Con Rizoma ci proponiamo di creare questa comunicazione.
Rizoma è Alessandro Siciliano, Stefano Paternò, Cristel Marcelletti Lattanzi, Edoardo Grisogani, Alberto Vacca Lepri.
Nessun commento:
Posta un commento