mercoledì 27 giugno 2012

L'ANNOSO PROBLEMA DELLA DITTATURA DEL DSM

Dopo un primo periodo di apprendimento passivo, dopo i primi passi nel campo dell' Università, ho cominciato a farmi qualche domanda. Ad alcune domande sembra non ci siano risposte pronte, o meglio, ci possono anche essere, ma ciò che è importante è che il soggetto assuma la sua risposta. L'assunzione di una risposta sarà, poi, una coordinata simbolica che delimiterà il campo identitario del soggetto. E' una responsabilità!
La mia Domanda, per eccellenza, in quanto studente di psicologia, riguarda ed ha sempre riguardato il problema del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali. Cosa è in realtà il DSM?
Criticato dai più, alle soglie della sua V edizione, il DSM è la bibbia della psichiatria odierna, un libro che stabilisce chi è malato di mente e chi no.
Mentre penso a cosa scrivere, mi accorgo che faccio fatica ad organizzare un pensiero, perché il tema è tanto complesso quanti sono i piani su cui si gioca il dibattito: ideologia, politica, economia, scienza, statistica. A partire dal 1980, anno della III edizione, la task force del DSM veste il manuale di due nuovi significanti: "ateoretico" e "descrittivo". Sulla ateoreticità si dice spesso nell'Università che sia uno dei maggiori punti di forza del manuale, in quanto da questa scaturisce un linguaggio non "contaminato" da nessuno dei pensieri storici della Psicopatologia, dunque un linguaggio impersonale e, finalmente, universale. La diversità di pensiero, quindi, è stata considerata come un problema al quale si è trovata una soluzione! Ma è davvero possibile muoversi nel campo sconfinato e indefinito della patologia mentale senza utilizzare una teoria, una bussola? E in quanto alla descrittività, penso che termini come "congruo", "bizzarro", "strano", "incoerente", che ricorrono nel manuale, siano viziati da un giudizio personale che tradisce l'intento della nosografia di essere puramente descrittiva.
Credo che i problemi, storicamente, siano cominciati da qui, cioè dal momento in cui è stato deciso di applicare ad una nosografia psichiatrica (descrizione di malattie e diagnosi) uno statuto scientifico forte. 
La realtà, però, è che il DSM, ancora oggi, di scientifico ha solo la facciata. Il DSM è lontano tanto dalla Psicopatologia Clinica, dal pensiero psichiatrico, fenomenologico e psicanalitico di tutto il Novecento, quanto dalla scientificità che è supposta essere alla base del manuale. Il DSM non ha nulla di scientifico e le dimostrazioni che avvalorano questa tesi sono moltissime. Nelle facoltà di psicologia studiamo valanghe di pagine che parlano del DSM e non mi è mai capitato di leggere nulla di positivo riguardo al manuale. Non un punto forte, non una spiegazione logica del perchè viene utilizzato dai clinici e dalle istituzioni di tutto il mondo. Se non una asserzione: "Ha creato un linguaggio unico e condiviso grazie al quale i clinici di tutto il mondo possono comunicare senza difficoltà".
Personalmente, non credo che questo sia un fatto positivo come può sembrare. Trovo, piuttosto, che il linguaggio comune sia stato imposto. O meglio, stemperando un po' il tono paranoico, credo che un manuale  ben organizzato (forte validità interna a discapito di quella esterna), con un nome per ogni cosa (una diagnosi per ogni sintomo) e con finalità puramente descrittive (se non esiste causalità psicologica, il passo è breve perché si ipotizzi quella organica, con conseguenti terapie farmacologiche create "ad hoc") abbia attirato l'attenzione di chi, anche nel campo della malattia mentale, desidera pensare che ad A corrisponda sempre B.
Alla fine del mio percorso di studi, mi dispiace un po' conoscere a memoria i criteri diagnostici del disturbo schizoide di personalità e non saperne molto della schizoidia; avere bene in mente le differenze tra il disturbo ossessivo compulsivo in asse II e quello in asse I ma non saperne molto del pensiero magico dell'ossessivo, di chi è l'ossessivo e chi è lo schizoide.
Pubblico qui sotto il manifesto Anti-DSM, "manifesto a favore di una psicopatologia clinica che non sia solo statistica".

http://www.alidipsicoanalisi.it/manifesto-a-favore-di-una-psicopatologia-clinica-che-non-sia-solo-statistica.html

In questa pagina e nel manifesto vero e proprio sono spiegati in maniera molto dettagliata tutti i punti deboli tecnici, scientifici ed espistemologici che fanno del DSM un manuale diagnostico che fa acqua da tutte le parti, con le dovute conseguenze nocive, per la scienza e per l'uomo.
Da un secolo di psicoanalisi, psichiatria, fenomenologia, è stato creato un sapere che va ben al di là di una mera, piatta lista dei sintomi. Spero che sarete d'accordo con me.

AS

martedì 12 giugno 2012

DI VENERE E DI MARTE

Oggi è Martedì. Secondo un detto tradizionale, avrei potuto aspettare domani per cominciare a scrivere.
Mi chiamo Alessandro, 24 anni, studio psicologia clinica all'università di Urbino. Sono alla fine dell'ultimo anno di studi. Apro questo blog perchè penso sempre un sacco di cose, molte delle quali riguardano il mio ambito, le scienze psi. Ho deciso di creare uno spazio dove (spero) poterle esternare, espormi alle critiche e apprendere qualcosa di nuovo dal pensiero degli altri, cambiare un'idea o rafforzarne un'altra.
Il dibattito (?) che si crea nelle aule universitarie è spesso insoddisfacente per me, e penso che esista una forte tendenza ad adagiarsi su un particolare tipo di sapere che ha sempre le stesse caratteristiche: la novità, la semplicità, la operazionalizzabilità. L'ultima, in particolare, è secondo me la chiave per comprendere il pensiero alla base dell'attuale psicologia. Questo sapere lo considero, inoltre, a volte stagnante, ripetitivo e riciclato.
Credo, poi, che la logica dell'insegnamento universitario possa, il più delle volte, essere rappresentata come un riempire dei vasi. Personalmente, ho sempre trovato maggior soddisfazione ad immaginarmi come una fiamma da alimentare piuttosto che come un vaso da riempire, e a sentirmi pensato dai professori in questo modo.
La cosa che più di tutte mi muove a scrivere qui è il costante arginamento della psicoanalisi che si legge sui libri di testo. Non di tutta la psicoanalisi però, perchè esiste una grande parte che, nel corso degli anni, ha assunto sembianze più morbide, più convincenti, più operazionalizzabili, per presentarsi al cospetto della Scienza e per poter farne parte. Fino a cambiare nome! Non "psicoanalisi" ma "psicoterapia dinamica".
Di tutti i dibattiti che si potrebbero aprire intorno a questo grosso tema, a me interessa uno in particolare: quella psicoanalisi che ha scelto di non aderire al discorso conformistico della Scienza oggi è, dai più, vista come inefficace, non empirica. Termini come "ortodossa", "classica" e anche "psicoanalisi" sono indicatori, per chi studia, di un discorso antico e palesemente non più efficace. "Pulsione", "Edipo", "Castrazione", fino ad arrivare alle tristi sorti di "Inconscio" che oggi è "Inconsapevole", "Implicito". Così uno studente incontra puntualmente questi termini e, a seguire, frasi come "oggi non si pensa più...", "oggi i terapeuti preferiscono pensare che...". Non esiste una controparte! Nessuno risponde! Non vengono mai spiegati i passaggi attraverso i quali oggi è giustificata la scelta di moderare, limitare, il linguaggio e la mentalità psicoanalitici, se non qualche riferimento storico privo di spiegazione. Gli studenti, così, imparano che la psicoanalisi è inefficace, superata. Imparano solo questo. Molti non sanno se è realmente così, per quali motivi; insomma non c'è argomentazione.
Ho pensato di utilizzare questo blog per mettere in discussione, con chi leggerà, argomenti che troppo spesso, nel mondo accademico, passano come ovvi.
Io credo che esista una forte avversione a tutto ciò che è ascrivibile al campo dell'inconscio e di pari passo va il tentativo scientista di far quadrare i conti, di operazionalizzare. Applicare il metodo scientifico alla dimensione psichica significa salvare tutto quello che è logico e dotato di senso e scartare tutto quello che non ha senso e non rientra nel regolamento. è questo il discorso alla base, per esempio, dei disegni di ricerca randomizzati e controllati.
I libri di testo universitari sono allagati da un linguaggio ultratecnico e ultrascientifico che mi fa sempre pensare ad un nulla. Ogni volta che, mentalmente, decifro quelle catene di significanti, mi accorgo che manca il soggetto! Manca il soggetto dell'inconscio. Questo, per me, è un altro motivo di insofferenza.
Ho intenzione di scrivere dei post citando alla lettera qualche riga che incontro studiando, così da mettere in movimento discorsi che sembrano scritti sulla pietra.
Spero davvero di avere delle discussioni gustose, fatte di parole cariche di soggettività.

AS